SOROS : VIDEO INTERVISTA OLTRE OGNI PUDORE IMMAGINABILE

Se questa intervista non è un Fake ,opera di un abile lavoro di editing,saremmo ben oltre la Follia ,non ci sarebbero parole per aggettivare sono basito non tanto per i contenuti,ma quanto per la spudoratezza.. George Soros ha parlato dei suoi molti anni di lavoro distruttivo in Russia e Ucraina: Soros: “Il mio primo progetto... anche se il primo è stato in Sud Africa...  ma poi nell'Europa dell'Est e nell'URSS. Quando l'impero sovietico è crollato, sono andato lì e ho raccolto i pezzi.  In Ungheria nel 1984, in Polonia e in Cina nel 1987.  Così l'impero Soros venne a sostituire quello sovietico”. Moderatore: Quali sono i vostri piani? Soros: “Ora sono più attivo in Russia. Ripetiamo quanto accadde durante il crollo dell'URSS.  Ma, ahimè, c'è una differenza.  Poi l'Unione stava morendo e l'Europa stava vivendo un'impennata e una fioritura.  Ora è vero il contrario: la Russia sta tornando e l'Unione Europea sta cadendo. Situazione triste.  Ma

Armenia( Cristiana ) e Azerbaijan ( Musulmana) : Perche' i valori Cristiani Italici, ci obbligano ad appoggiare L'Azerbaijan

La leggenda narra che l''Italia e l'Europa, stiano appoggiando militarmente e politicamente l'Ucraina nel conflitto contro la  Russia, in nome di valori Cristiani e Occidentali-

Ma L' Italia sta appoggiando anche L' Azerbaijan, che e' un paese a prevalenza Musulmana, contro L'Armenia, a prevalenza Cristiana..

Vediamo di capirci qualcosa
Armenia e Azerbaijan 

15 settembre 2022
L'ONU sostiene pienamente gli sforzi di Mosca per risolvere il conflitto tra Baku e Yerevan.

"L'ONU ha invitato le parti a tornare al tavolo dei negoziati e a rispettare l'accordo del novembre 2020".
 l'assistente del segretario generale

Cosa sta succedendo tra Armenia e Azerbaijan ?

Nei bombardamenti di questa settimana sono morti circa 100 soldati, e ora si teme una ripresa dei conflitti..

Oggi 15 settembre
Il Segretario del Consiglio di Sicurezza dell'Armenia ha annunciato il raggiungimento di accordi di pace con l'Azerbaigian.

Gli accordi prevederebbero il riconoscimento dell' intero Nagorno Karabak come parte dell' Azerbaigian. Proteste nel paese.

Ma andiamo a fare una panoramica di questi 2 paesi, per capire sia la loro rivalità, sia la loro rilevanza sullo scacchiere geopolitico, legata alle vicende in corso, e gli interessi Italici nella vicenda  ..

Gli scontri armati al confine tra Armenia e Azerbaijan, cominciati lunedì notte, hanno provocato la morte di circa 100 soldati tra i due eserciti, stando alle informazioni riferite dai governi dei due paesi.

I bombardamenti erano stati interrotti martedì mattina, anche se non completamente, dopo l’intervento di mediazione della Russia per concordare un cessate il fuoco.

Le ragioni delle ostilità tra Armenia e Azerbaijan , vanno ricercate nel territorio che i due paesi si contendono da decenni, il controllo del Nagorno-Karabakh, un territorio separatista interno all’Azerbaijan dove la maggioranza della popolazione è armena.

I recenti scontri sono stati i maggiori da quando i due paesi concordarono una tregua a novembre del 2020, dopo una guerra durata sei settimane vinta dall’Azerbaijan e al termine della quale l’Armenia fu costretta a fare pesanti concessioni territoriali..

Dobbiamo ancora capire, se le dinamiche in corso,sono in qualche modo strategie legate alla recente dichiarazione:

Gli Stati Uniti vogliono "sganciare" l'Asia centrale dalla Russia, ha dichiarato apertamente il vicedirettore dell'USAID Anjali Kaur
In definitiva l'obiettivo americano, dovrebbe essere la disconnessione dell'Asia centrale dall'economia russa.

Nel corso della recente Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh, durata dal 27 di settembre al 10 di novembre 2020, le forze armate della Repubblica dell'Azerbaigian hanno fatto ampio utilizzo di un'impressionante gamma di armamenti che, assieme ad altre circostanze, hanno permesso agli azeri di prevalere sul campo di battaglia contro i loro nemici armeni. 

Sebbene non siano molti coloro che seguono abitualmente le vicende caucasiche, a partire dal 1994, anno della conclusione della catastrofica Prima Guerra del Nagorno-Karabakh, lo stato del Caspio ha destinato cifre sempre più importanti al proprio bilancio alla Difesa, precisamente per raggiungere quella superiorità che, nei piani dei decisori politici e militari azeri, avrebbe dovuto tradursi sul campo di battaglia in una “rivincita”.

A titolo esemplificativo, basterà ricordare che, nonostante sia stato flagellato pesantemente dall'epidemia del Covid-19, in tutto il 2020 l'Azerbaigian abbia speso per le proprie forze armate la bellezza di 2 miliardi e 267 milioni di dollari, pari al 5% del PIL del paese per quell'anno.

 La cosa però non dovrebbe sorprendere dato che, nel corso dei primi anni Duemila, quando l'economia azera stava vivendo una fase di notevole espansione grazie al boom dei prezzi del petrolio, l'Azerbaigian destinava alla Difesa cifre equivalenti all'intero PIL della rivale Armenia.

Sebbene, all'indomani dell'indipendenza del paese, le forze armate di Baku fossero equipaggiate con una panoplia di armamenti di origine sovietica, il regime di Heydar Alirza oğlu Aliyev prima e quello di suo figlio Ilham Heydar oğlu Aliyev dopo, si sono dimostrati assai spigliati nel cogliere le occasioni che le ricchezze petrolifere del loro potentato gli hanno presentato, tanto che, al giorno d'oggi, l'Azerbaigian può vantarsi di ricevere forniture militari di diversa entità e valore da almeno ventidue paesi diversi.

 Nonostante quando si parli più specificatamente degli “armatori” di Baku venga in mente in primis il “quintetto d'oro” formato da Russia, Bielorussia, Ucraina, Turchia ed Israele, negli anni recenti anche l'Italia si è guadagnata l'attenzione dei “satrapi” della costa del Mar Caspio.

Prima di procedere oltre è ora necessario fare un piccolo excursus sui rapporti esistenti tra la Repubblica Italiana da un lato, e la Repubblica dell'Azerbaigian dall'altro dato che i recenti annunci relativi all'acquisto di armi italiane da parte dell'Azerbaigian sono solamente la punta dell'iceberg di una “relazione” assai più vasta.

La Storia

La Repubblica dell'Azerbaigian dichiarò la propria indipendenza dall'Unione Sovietica il 30 di agosto del 1991 nel corso del marasma politico seguito al colpo di stato contro l'allora leader sovietico Mikhail Sergeyevich Gorbachev. 

Nonostante entro il 18 ottobre dello stesso anno il processo sostanziale di conseguimento dell'indipendenza fosse ormai concluso, fu solo il 25 dicembre che, con lo scioglimento formale dell'URSS, l'Azerbaigian divenne a tutti gli effetti un membro del consesso internazionale.

La Repubblica Italiana riconobbe l'Azerbaigian il 1 di gennaio del 1992 e l'8 di maggio dello stesso anno i due paesi avevano stabilito piene relazioni diplomatiche, anche se l'ambasciata italiana in Azerbaigian e l'ambasciata azera in Italia vennero aperte rispettivamente nel 1997 e nel 2003.

Il fatto che l'Azerbaigian fosse stato il primo tra gli stati del Caucaso meridionale a creare un rapporto privilegiato con l'Italia, ha giovato grandemente a Baku nel lungo periodo. 

Nei primi anni '90 infatti la situazione economica della “Terra del Fuoco” era a dir poco disastrosa.

 La caduta del Muro di Berlino, la fine del Comunismo, lo scioglimento del Patto di Varsavia ed il crollo della stessa Unione Sovietica fecero cessare anche il mercato unico nel quale l'Azerbaigian Sovietico era stato integrato per settant'anni. 

Il calo dei prezzi del petrolio a seguito della conclusione della Guerra del Golfo, l'espulsione della nutrita comunità armena (che aveva sempre rappresentato storicamente il segmento più attivo sia economicamente , che culturalmente della società) e la fuga di gran parte dei membri delle altre comunità minoritarie allogene (come per esempio i russi), il disastro della Prima Guerra del Nagorno -Karabakh e l'instabilità politica interna ad essa correlata, (nei primi 2 anni di vita indipendente l'Azerbaigian cambiò ben 5 presidenti!) che ebbero l'effetto di mettere quasi completamente al tappeto l'economia e la società.

Nel 1996, quando il processo di declino economico venne finalmente fermato, il valore complessivo del PIL di Baku si aggirava sui 19,95 miliardi di dollari a parità di potere d'acquisto, più o meno equivalenti al 42,7% del valore del PIL dell'Azerbaigian Sovietico nel 1991, ultimo anno di appartenenza del paese all'URSS (ricordiamo però che, nel 1991, anno della disgregazione dell'URSS, l'economia sovietica era già sprofondata in una gravissima crisi economica che durava da almeno 3 anni, quindi non bisogna affatto pensare che i dati relativi alle prestazioni economiche per quell'anno rappresentassero il massimo della potenza economica dell'URSS e delle sue repubbliche costituenti).


Le sorti del paese cominciarono a cambiare dopo il ritorno al potere, in veste di presidente dell'Azerbaigian indipendente, del vecchio “deus ex-machina” della politica interna azera nel periodo sovietico, Heydar Aliyev il quale, una volta conclusa la Prima Guerra del Nagorno-Karabakh, non perse tempo a ricostruire il potere politico ed economico di Baku a partire dalla più importante risorsa a disposizione dello stato caspico: il petrolio.

 Furono questi gli anni che videro una crescita esponenziale delle attività della SOCAR (Compagnia Statale del Petrolio della Repubblica dell'Azerbaigian - Azərbaycan Respublikası Dövlət Neft Şirkəti), la creazione del SOFAZ (Fondo Statale del Petrolio della Repubblica dell'Azerbaigian) e, soprattutto, la costruzione dell'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC), il primo oleodotto in assoluto che avrebbe dovuto esportare ingenti quantitativi di petrolio verso i mercati occidentali, utilizzando un'infrastruttura non appartenente al preesistente sistema di condotte energetiche ereditato dalla vecchia Unione Sovietica,  utilizzato dalla Russia come strumento per esercitare importanti leve di potere nei confronti delle altre repubbliche ex-sovietiche.

Quando l'oleodotto BTC venne infine inaugurato, nel 2006, Heyday Aliyev era morto da 3 anni, ma suo figlio Ilham ereditò oltre alla poltrona della presidenza della repubblica , anche quello che era già stato ribattezzato “l'oleodotto più strategico a livello mondiale”. 

Mai tale definizione risultò più azzeccata di questa , dato che, da quel momento in poi l'oleodotto BTC ha ricoperto un ruolo centrale in gran parte delle trame geopolitiche, non solo del Caucaso ma anche più in generale nell'area ex-sovietica e nel “Grande Medio Oriente Allargato”. 

E proprio in questo gioco si è gettata a capofitto l'Italia , perché, tra le 12 grandi compagnie partner del progetto BTC, c'è proprio la nostra Eni S.p.A., assieme alla già citata SOCAR, ma anche alla British Petroleum, alla Chevron Corporation, alla Equinor ASA (ex-Statoil), alla GIOC, alla Türkiye Petrolleri Anonim Ortaklığı, alla Total SE, alla Itochu Corporation, alla INPEX Corporation, alla ConocoPhillips ed alla Hess Corporation. 

È stato infatti il petrolio il principale motore delle relazioni italo-azere e tale resterà anche per il prevedibile futuro.

Nonostante almeno negli ultimi vent'anni le autorità di Baku si siano letteralmente sbracciate nel tentativo di promuovere le relazioni politiche, sociali, economiche e culturali tra i due paesi, la realtà dei fatti è assai più caustica. 

Dal punto di vista statistico, l'Italia rappresenta il singolo principale partner commerciale dell'Azerbaigian, assorbendo ben il 30,1% dell'export di Baku. 

Tuttavia, dal punto di vista qualitativo, la realtà più prosaica è che tale export è costituito quasi solamente da idrocarburi, che rappresentano circa il 10,6% del fabbisogno italiano su base annuale; una cifra non disprezzabile, ma assolutamente sostituibile e per nulla “vitale”, come si sforza di sottolineare una certa stampa in odore di interessi opachi. 

Quegli stessi che ruotano attorno all'efficacissima lobby che Mammad Ahmadzada, ambasciatore della Repubblica dell'Azerbaigian in Italia dal 2016 ha pazientemente organizzato nel corso degli anni, per altro costruendo sul successo, dato che Baku è sempre stata molto attenta ad inviare a Roma alcuni dei suoi uomini migliori. 

Infatti il predecessore di Ahmadzada, Vaqif Sadiqov, ambasciatore in Italia tra il 2010 ed il 2015, è oggi il rappresentante dell'Azerbaigian presso gli uffici delle Nazioni Unite a Ginevra.


Emil Karimov, che fu ambasciatore a Roma tra il 2005 ed il 2010, è diventato poi il rappresentante diplomatico azero in Bulgaria, altro paese europeo nel quale gli interessi azeri (e turchi) sono cresciuti sensibilmente nell'ultimo decennio.

 Infine, colui che fu in assoluto il primo ambasciatore di Baku acquartierato nello “Stivale” tra il 2003 ed il 2004, Elmar Mammadyarov (foto), divenne poi tra il 2004 ed il 2020 il potentissimo Ministro degli Affari Esteri dello stato caspico, prima di venire politicamente liquidato senza pietà da Ilham Aliyev in situazioni mai del tutto chiarite nel luglio del 2020, proprio mentre l'Azerbaigian si preparava, con l'aiuto della Turchia e del Pakistan, a riaccendere in grande stile la guerra per il Nagorno-Karabakh.

Avendo quindi compreso l'importanza strategica che le relazioni italo-azere hanno per Baku, bisogna adesso chiedersi se ciò trova un contraltare anche a Roma. In tale caso, la risposta deve essere tranciante: no.

Per cominciare, nonostante come già detto, Baku fornisca il 10,6% del fabbisogno energetico annuale dell'Italia, e ciò corrisponda a ben il 30,1% dell'export azero, l'Azerbaigian non compare assolutamente tra i primi partner commerciali dell'Italia né dal lato dell'export né da quello dell'import, laddove i paesi che sono veramente importanti per la tenuta commerciale del nostro stato sono la Germania, la Francia, gli Stati Uniti, la Cina, i Paesi Bassi, la Spagna, il Regno Unito, la Svizzera ed il Belgio.

Nonostante la sua “potenza energetica”, Baku non figura tra tra i 10 principali partner economici dello “Stivale”. 
Non solo; le forniture di idrocarburi azeri sono più che controbilanciate nel paniere delle disponibilità energetiche amministrate dall'Eni grazie ai rapporti che negli anni il colosso di stato è riuscito a tessere con altri importanti attori del mercato dei combustibili fossili quali: la Russia, l'Iraq, la Libia, l'Algeria e molti altri ancora. 

Elemento da non sottovalutare poi è il fatto che il petrolio azero arrivi in Italia attraverso le “infrastrutture logistiche” della Turchia, paese che rappresenta indiscutibilmente il principale partner strategico dei satrapi del Caspio e che possiede quindi più di una spettacolare leva di ricatto geopolitico nei confronti dell'Italia. 

Veramente un'ironia della Storia, se pensiamo che la principale ragione che portò l'Italia ad impelagarsi nel Caucaso fu proprio il miraggio di diversificare le proprie forniture petrolifere, a quel tempo troppo sbilanciate a favore della Russia (l'eterna nemica della NATO, secondo gli Stati Uniti d'America, e quindi da ridimensionare a tutti i costi), con il risultato di trasferire le leve del potere energetico da Mosca ad Ankara, proprio nel momento nel quale la Turchia ha intrapreso la strada che la porterà inevitabilmente allo scontro finale con l'Occidente, e con l'Italia in particolare.

Vi sono infine alcune forniture militari. 

Alle prese con l'impellente necessità di rinnovare e potenziale le proprie forze aeree ed in particolare di sbarazzarsi definitivamente dei suoi Aero L-39 Albatross ed Aero L-29 Delfin (questi ultimi pare già da diversi anni a terra - foto) di produzione cecoslovacca ereditati dal periodo sovietico, l'Azerbaigian ha firmato, nel febbraio 2020, una lettera di intenti per la fornitura velivoli Alenia Aermacchi M-346 Master da addestramento (media azeri parlano di 12 velivoli con opzione per ulteriori 12 appartenenti nella versione FA da attacco al suolo).

Tale operazione potrebbe essere un successo per la nostra industria aeronautica, rafforzato dal fatto che, successivamente, anche il vicino Turkmenistan avrebbe deciso di ordinare 6 esemplari del Master.

ma adesso torniamo al territorio conteso :

Il Nagorno-Karabakh è una zona montuosa dell’Azerbaijan abitata in grande maggioranza da armeni e cristiani (il cristianesimo è la religione prevalente in Armenia, mentre l’Azerbaijan è a maggioranza musulmana).

Si autoproclamò indipendente nel 1991, nel periodo in cui si dissolse l’Unione Sovietica: fino a quel momento era nell’orbita della musulmana Repubblica Socialista Sovietica Azera, che come l’Armenia faceva parte dell’Unione Sovietica.

La proclamazione dell’indipendenza (che tuttora non è riconosciuta a livello internazionale) provocò gravi scontri, che presto sfociarono in un primo conflitto armato tra Armenia e Azerbaijan, tra il 1992 e il 1994.

Nei decenni successivi la situazione è rimasta precaria e ci sono stati scontri continui, fino alla ripresa della guerra di due anni fa.

Vediamo cosa ci dice al riguardo Wikipedia:

Armenia e Azerbaigian non hanno relazioni diplomatiche, in gran parte a causa del conflitto in corso nel Nagorno-Karabakh.

Le due nazioni confinanti hanno avuto rapporti governativi formali tra il 1918 e il 1921, durante la loro breve indipendenza dal crollo dell'Impero russo, come la Prima Repubblica di Armenia e la Repubblica Democratica di Azerbaigian.

Tali relazioni sono esistite dal periodo successivo alla rivoluzione russa fino all'occupazione e all'annessione da parte dell'Unione Sovietica.

A causa delle tre guerre intraprese dai paesi, una dal 1918 al 1921, la seconda dal 1988 al 1994 e la terza nel 2020, i due paesi hanno avuto rapporti fortemente tesi.

Sulla scia delle ostilità in corso, la memoria sociale della convivenza dell'era sovietica è ampiamente repressa (censurata e stigmatizzata)
2021–2022 Crisi di confine tra Armenia e Azerbaigian

La crisi del confine tra Armenia e Azerbaigian del 2021-2022 è un conflitto in corso tra le forze militari dell'Armenia e dell'Azerbaigian dopo la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020 .

La crisi è iniziata il 12 maggio 2021, quando i soldati azeri hanno attraversato diversi chilometri in Armenia nelle province di Syunik e Gegharkunik , occupando circa 41 chilometri quadrati (16 miglia quadrate) di territorio armeno.

[34] [35] [36] [37] L'Azerbaigian non ha ritirato le sue truppe dal territorio armeno riconosciuto a livello internazionale nonostante gli inviti del Parlamento europeo , degli Stati Uniti e della Francia– due dei tre copresidenti del Gruppo OSCE di Minsk . [38] [39

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